RICORDO DI ELENA LACAVA
Alcuni anni or sono, quando era iniziata per Elena Lacava la
malattia che l'avrebbe portata alla morte, avevo
organizzato al Centro Di Sarro di Roma una mostra dei suoi
dipinti giovanili, che nessuno conosceva e che solo allora, con
la presentazione di Giorgio Di Genova, ricevevano un commento
critico. Elena li aveva per decenni ammucchiati su di un armadio
della sua camera, e mai ne parlava. Per il suo funerale, lo
scorso settembre, i suoi tre figli ne hanno affettuosamente
posti alcuni alle pareti della chiesa. Quelli, sopratutto, che
rappresentano dischi solari rotanti, infuocati.
Ma occorre precisare che la pittura fu per Elena solo un punto
di partenza. Si dedicò a questa attività negli anni Cinquanta e
Sessanta, per poi interromperla definitivamente quando trovò la
sua più profonda vocazione nella fusione della sua creatività e
cultura con la sua capacità di stabilire rapporti. Si dilatò
nella creatività altrui e la rinuncia ad ogni gestualità
individuale fu per lei come una nascita.
Mise la propria immaginazione ed esperienza operativa a
disposizione degli altri, fondando la Elleci, l'unica casa
editoriale che sia esistita in Italia di multipli e grafica tra
linguaggio e immagine. Il suo cognome, impiegato come logo nelle
due iniziali che vi sono implicite, La Cava, si dimostrò idoneo.
Una cava è un luogo da cui si ricava la pietra; una matrice,
un'origine. Elena svolse questo suo compito con intensa
partecipazione, seguendo personalmente ogni fase della
realizzazione di ogni foglio e oggetto da lei edito, affidandosi
ad artigiani che seppe trovare e pazientemente guidare.
L'editore d'avanguardia è molto più di un organizzatore; è uno
degli artefici della storia dell'arte; è un meta-artista che
impone scelte controcorrente rischiando in proprio per cambiare
le pigre abitudini di un pubblico disattento. Elena assolve
generosamente al compito che si era prefisso e, se quanto ha
prodotto non verrà disperso, sarà perpetuato il significato
della sua presenza nella cultura romana tra gli anni Sessanta e
Novanta. Fu anche un'attiva gallerista con le sue due sedi a
Roma e a Calcata, e come tale una valida promotrice, che
richiamò fortuna sugli artisti da lei prescelti.
Ma al ricordo del suo fertile ruolo pubblico si accompagna ora,
col dolore della sua scomparsa, quanto ognuno di noi serba
nella memoria di questa amica buona, sincera, indipendente,
coraggiosa, piena di curiosità per tutte le forme della vita,
partecipe ai problemi del suo tempo, e sempre un po' pazzerella
come un'adolescente.
Mirella Bentivoglio
Dal Giornale "Terzo
Occhio" annoXXXI, no.117, dicembre 2005, p.39