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"venendo da una cultura orientale, dove il riso bianco è alla base della
nostra alimentazione, si crea un legame fondamentale con il riso: il
riso per me è energia.
in ogni oggetto c'è energia anche se non visibile all'occhio umano.
io voglio rendere visibile questa energia, ma non solo, voglio anche
farla percepire, sentire ."
kim kyoung ok (scultrice)- milano 2003
(.)
kim, era passata nel pomeriggio dall'associazione culturale a cui
collaboravo a milano e che si occupa di arte contemporanea. più tardi in
un piccolo bar del quartiere garibaldi ci siamo ritrovate. a ricordare
anche solo con un cenno come ci eravamo sorprese a condividere l'idea e
il piacere a-tecnologico della scrittura a mano (.).
abbiamo quindi parlato della sua ultima mostra di cui avevo recentemente
ricevuto l'invito e dove erano stati ulteriormente sviluppati alcuni
temi che
avevo già visto anticipati in una sua precedente documentazione
fotografica.
il riso, l'energia sprigionata da questo alimento era sempre il motivo
dominante. in sottofondo l'esperienza umana e personale del
trasferimento in
italia dalla corea, le difficoltà ma anche la relazione, il confronto
tra due realtà diverse.
le ultime sculture realizzate in pietra approfondivano e ampliavano il
tema della frattura. crepe che, a seconda del materiale, rivelavano
particolari texture interne e in cui il riso sembrava a volte contenuto,
a volte fuoriuscire. quasi un'eccezione a superfici desertiche e
pietrificate "d'altra parte" impenetrabili. contrasti di colore e
densità-del-materiale da far apparire la superficie di alcune pietre
quasi inscalfibile .
come la realtà (avrebbe forse detto grillet).
altri lavori, evidenziavano i risultati della sua ricerca in campo
fotografico. composizioni in cui l'ingrandimento dei chicchi di riso,
ritagliati e applicati al corpo umano, viene a sua volta fotografato in
una inedita manipolazione e stratificazione foto grafica.
(.)
in sottofondo si delinea la consapevolezza di un valore e di una
contemporaneità espressi ormai diversamente che nel passato ma uniti
dalla necessità di trattenere il germe che da sempre ha permesso la
nostra sopravvivenza . che a tratti sembra confondersi nella complessità
dell'esistente, percorrere anche il cibo pur trascendendolo per
"ribaltarsi" infine ("?!") in energia e vita.
il lavoro di kim in questo senso rinnova i motivi che furono già
dell'avanguardia polacca ma con sviluppi originali. concentrando
l'attenzione del suo intervento sulla dinamica comunicativa dei momenti
sollecitati dal presente.
l'anonimato dell'odierna retorica della produzione in serie, non meno
presente nella natura, anche se con gradi di indefinizione diversi e
variabili, e ancor più nella seconda natura, oggi pilotata
biochimicamente e tecnologicamente, come scrive kim, è senz'altro
"un'altra cosa" rispetto al passato.
altra cosa ancora la variazione che da sempre transita nello spazio di
un'eccezione perché tutto scorre e, in proporzioni e tempi differenti,
tutto è in movimento. altra cosa rispetto al lavoro, alla realtà e ai
valori di un passato che non si vorrebbe disperso completamente. mentre
d'altra parte resta intatta la necessità di un'esperienza rinnovabile ad
ogni generazione che talvolta sembra quasi negata o correre il rischio
di esaurirsi. la necessità cioè di ripercorrere almeno
paradigmaticamente esperienze in cui le facoltà umane non siano
semplicemente subordinate al conformismo dell'obbedienza o di
un'abitudine a cui sia stato sottratto il senso.
in un suo scritto kim facendo riferimento ad un recupero di valori che
le società con interessi contraddittori certamente sollecitano, ricorda
come per il nonno, coltivatore di riso in corea, fosse impensabile
sprecare anche un solo chicco di riso.
in seguito mi sono trovata a riflettere proprio su questo... se infatti
da un lato (quando non assolutizzato) rispetto e comprendo la funzione
transitiva di questa riflessione, dall'altro sento che c'è qualcosa di
irrisolto. (.)
ma forse è proprio questo il punto: il contesto in cui un fatto si
colloca. perché quando l'attività umana percorre una via sentita come
la più semplice e sensata questa sovente viene squalificata. e in una
società in transizione verso una sua reale emancipazione, tante sono
ancora le controtendenze mentre dietro paraventi di modernità, il
condizionamento di un passato acritico a cui la maggior parte delle
persone era assoggettata non è ancora del tutto superato. riaffiora a
tratti con le sue pretese moralistiche inappellabili e il potere dei
suoi strumenti sempre più sofisticati.(.)
talvolta però da una frattura su una superficie apparentemente omogenea
della realtà si evidenzia l'energia sottesa ad un possibile
cambiamento. ancora la società si trova costretta ad affrontare stretti
percorsi per poter accedere a nuovi spazi e conoscenze. e forse, anche
se in proporzioni ridotte rispetto al presente, questo sarà sempre
necessario anche nella migliore delle società pensabili perché fa parte
dello stato delle cose.
peter handke in un suo libro sottolinea la differenza tra miseria e
povertà. la condizione di povertà infatti
non implica necessariamente la miseria mentre quest'ultima è
trasversale a classi e condizioni economiche. proprio a questo concetto
di povertà, che in ogni caso non vuole essere la sua ingenua
mistificazione, ho sempre associato l'idea di un'attività sot/tesa al
suo superamento (della povertà). una condizione cioè che non vuole
essere accettata passivamente pur nella coscienza dei fallimenti che
determinate condizioni estreme sollecitano.
è sottointeso infatti che l'arretratezza economica e culturale aumenti
le probabilità di uno slittamento della società verso la miseria. e
però, la società contemporanea con le sue conoscenze ha maggiori
potenzialità di transitare dalla povertà a una migliore condizione senza
dover per forza passare attraverso questa (la miseria) e le sue
innumerevoli umiliazioni. una possibilità appunto (e ancora!)
energetica perché tesa tra l'esterno e alcune tra le facoltà umane più
profonde che non potranno mai essere soffocate.
tratto da "il riso"
paola zorzi - biella pralungo agosto 2004
prog a.r.
la mostra rimarrà
aperta per due mesi presso la sede di: RAS agenzia bologna lame
via cipriani 5
40131 bologna - spazio srl arte -
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