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 PROLOGO

Mi domando come si sta a trasferirsi, cosa si pensa e come si affrontano le paure, cosa emoziona e cosa brucia, cosa inquieta e cosa affascina.

Cosa spinge un artista a muoversi verso i luoghi dell’arte, cosa lo spinge a interagire con altri mondi lontani.. cosa lo spinge al rischio e al confronto?

Cosa c’è dietro a dei percorsi e a delle scelte che viste da lontano possono sembrare affascinanti, ma che da dentro sono spesso vissute con timore, o con paure, o con emozioni contrastanti?

Cosa è il fascino dello spazio e del tempo, che si muovono e mutano ma sempre permangono?

Cosa si cambia nel pensiero e nell’essere quando si cambiano gli stimoli, quando cambiano le panoramiche e i colori che entrano nei nostri occhi, quando cambiano le morfologie dei suoni che arrivano al nostro orecchio…come ci si sente, come si sta?
 

Tutto questo mi incuriosisce, e uso me stessa come test, come cavia. E’ la cosa più comoda.

Registro cosa accade a un artista che 'emigra' a New York per l'arte.

Ciò che succede può essere di tutto, dal successo al fallimento, dalla gioia alle difficoltà, ed io mi metto come amplificatore raccontando una storia di tutte quelle possibili.

(Tutti dicono: ah devi andare a New York per l'arte, ah se Cattelan non fosse stato a ny, oh che bello fai una

mostra a New York... ma nessuno sa cosa c'è sotto nel vissuto delle persone dietro a queste cose, quali prezzi si pagano e quali incertezze.

Da fuori sembra tutto facile. Ed io voglio scandagliare questo dentro.

E per farlo ho solo la mia vita e quello che mi succede (che è così imprevedibile

che sono curiosa anch'io di vedere come continuerà la storia).
 

Ci sono tante vite possibili, ed io registro una fra le tante.

Questo è il lavoro. Queste le domande. Questa la ricerca.
 

Di solito nel mio lavoro uso il corpo facendo azioni performative inserite in contesti di vita reali.

Con le mie performance cerco il confine tra ciò che è reale e ciò che è arte.

Forse comincio facendo arte ma mischiandomi al reale e quindi diventando reale.

Ora faccio il contrario, parto con il reale, che diventa arte.

Uso il mio corpo e faccio un’azione: emigro a New York per tre mesi.

È come una delle mie performance. Agisco e interagisco con gli altri.

Ed è come la vita. E la vita ora è la mia opera.

E come tale la mostro.

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