6. La mostra e la
performance
Sono in galleria, la mostra è aperta, aspetto Jeffrei, dovremmo
parlare,
ma come al solito è in ritardo e non risponde al cellulare.
Comincio a provare
emozioni contrastanti.
Alcuni giorni fa, prima dell?inaugurazione, durante i giorni
dell?Armory
e delle altre fiere, alcuni amici e artisti italiani mi
chiedevano se fossi
emozionata e contenta di fare la personale a Chelsea? Ed io mi
rendevo conto
che, sobillata dalle cose da terminare e dalle fatiche, non mi
rendevo davvero
conto di ciò che mi stava succedendo. In un certo senso era come
quando dovevo
prendere l?aereo per partire dall?italia: i giorni precedenti
sei troppo
presa dalla necessità di finire ogni cosa, e la mente riesce a
malapena a
funzionare come un computer che focalizza e fa tutto ciò che è
necessario?
Così mi sentivo in tutto il periodo prima della mostra, solo
concentrata
a risolvere i vari problemi e con poco tempo. Il percorso da
casa di Kevin
alla galleria lo sapevo a memoria, e non avevo tempo né forza
per provare
emozioni. Solo bisogno di dormire per recuperare le forze
quotidianamente.
Strano. Un limbo di fatica. Anche psichica. A volte soprattutto
psichica.
Ma ora che la mostra è inaugurata tiro un attimo di sollievo
(anche se mi
aspetto altre sorprese) e comincio a divertirmi. A provare anche
un po? di
soddisfazione, anche se ancora sono un po? indebolita da tutto e
la mia mente
continua a frullare preoccupata per capire come la mostra verrà
seguita.
I galleristi li abbiamo visti solo alla sera dell?inaugurazione,
naturalmente
arrivati in ritardo.
Ho passato i due giorni prima dell?opening con l?assistente a
cercare di
spedire le mail dal loro computer, ma c?erano infiniti problemi
col server,
e abbiamo dovuto copiare e incollare un migliaio di indirizzi di
mail
(compreso il mio indirizzario che gli avevo dato) ma poi
il computer
si è bloccato, e abbiamo perso un sacco di tempo a cercare di
risolvere problemi
su un computer che non conoscevamo.
David e Jeffrei arrivano a New York il giorno prima dell?inaugurazione,
ma
arrivano in galleria molto tardi, e non li incrociamo. Mercoledì
esco che
tutto era a posto in galleria, le mie installazioni perfette, a
parte un
ultimo monitor che doveva arrivare la mattina seguente. Arrivo
in galleria
il giorno dell?inaugurazione verso le 2 e quasi mi metto a
piangere: trovo
tutto in giro e sparso, sembrava passato un tornado?due o tre
persone stavano
lavorando per sistemare il magazzino e mettere altri quadri, e
tutta la galleria
in disordine...uffa, quando riesco a stare tranquilla? io odio
fare tutto
all?ultimo, avevo curato ogni dettaglio nei giorni scorsi, con
una precisione
maniacale (e fortunatamente ho avuto anche più volte shannon ad
aiutarmi
che è un mago con le cose pratiche, gli ho fatto sistemare a
puntino tutte
le luci come le volevo)?e poche ore prima dell?opening trovo
tutto in disordine!
Non che fossero spostati i miei lavori e il mio allestimento, ma
tutto fuori
dai ripostigli sparsi. E trovo Paul l?assistente che comincia a
mettere a
posto, e Allan un altro artista della galleria che sistema il
magazzino a
vista per mettere a posto dei lavori. Fortunatamente arrivano
anche altri
artisti e tutti aiutano, e alle 5 tutto era pronto, compreso di
vino ordinato
e portato a domicilio, ghiaccio, pressrelease, tutto? Mancavano
solo i galleristi,
che dovevano arrivare a ...mezzogiorno.. (sei sicuro che arrivi
a mezzogiorno?
chiesi a david la sera prima quando mi ha detto l?orario, ormai
conoscendo
i personaggi ? sì certo?)
L?inaugurazione è andata bene, molta gente e molti molti
apprezzamenti. Ma
sono proprio a New York? E? una sensazione strana, ancora non me
ne rendo
conto. Forse solo un anno fa una mostra a New York mi sembrava
un sogno,
e ora che ci sono dentro mi sembra tutto normale. In un certo
senso mi dispiace
di non essere entusiasta, di essere ancora un po? debole dagli
innumerevoli
stress capitati da quando sono qui, e di non godermi appieno la
situazione.
O forse quando si hanno le cose sembra che perdino valore?un po?
come il
?sabato al villaggio? leopardiano?è più forte l?attesa della
festa che la
festa stessa.. mah, non so. Forse ho solo bisogno di uno stacco,
e sono un
po? tesa per la situazione. Ma so che prima o poi comincerò a
essere felice
per la mostra.
Quando scarico le foto fatte all?inaugurazione e alla perfo ve
le mando,
ma è un lavoro piuttosto lunghino ( le riprese della performance
sono 4 ore
e ci vuole almeno il doppio del tempo per tirare fuori dei
videostills grezzi,
e poi qualche giornata magari per sistemarli con Photoshop e
selezionarli).
L?altra sera ne ho fatte un po?, dell?Armory, per metterle
stampate in galleria
come anteprima. Ma prossimamente farò il resto.
Sono molto soddisfatta comunque di come abbiamo deciso di
articolare la mostra.
Nella sala principale, tutta dipinta di grigio-scuro-quasi-nero
c?è la videoinstallazione
con i due video di Virus enormi ciascuno in una parete. Ho
sistemato i volumi
dei due video di modo che l?acustica si intersechi formando un
environment
sonoro, dove prevale leggermente il volume del video di new york
perché voglio
che la gente distingua bene le parole (nella parte della mia
espulsione).
Le due grandi proiezioni sono nelle due grandi pareti centrali e
laterali.
Lo spettatore può oscillare tra l?uno e l?altro video o vederli
all?unisono,
e captare le differenze.
Poi si passa dietro al desk dove si apre un?altra stanza, sempre
tutta dipinta
di grigio-scuro-quasi-nero, dove sono appese, con le mollettone
(tipo poster
nelle stanze degli adolescenti) una decina di foto ingrandite in
vari formati
di Rimini Rimini, e nell?angolo le scatole bianche originali
della performance,
con dentro un piccolo monitor dove dal buco della scatola si
vede il video
di Rimini. E? buffo perché anche trovare le scatole qui a New
York è stato
complicato, ma ricordo che Mario, l?artista del Quebec, me le ha
trovate
esattamente come le cercavo, e in ottimo stato, sulla strada
vicino alla
sua casa di Soho (prima che io ci andassi a vivere e che poi ne
fossi scappata?come
passano veloci le cose qui!). Poi nel passaggio tra lo spazio
principale
e la stanza di Rimini, c?è un grosso monitor ultrapiatto
(lasciato sempre
da Sam), dove c?è il video del Cieco di Gerico. In realtà l?idea
precedente
era che il Cieco di Gerico venisse proiettato nella vetrina
sulla strada,
che la galleria aveva creato sfruttando uno spazio tipo
ingresso, mettendoci
un telo per proiezioni ad hoc. E il video in effetti è andato
per alcuni
giorni, e stava molto bene, si vedeva camminando per la 25th
streeth, ma
sabato scorso vengo a sapere che il videoproiettore era stato
rubato!?che
stress! Non è una mia colpa, perché già loro avevano fatto quest?allestimento
per la mostra precedente, però in effetti quello spazio non è
chiuso a chiave
perché si può accedere dalla strada, e il videoproiettore era
nascosto dietro
in retroproiezione, ma qualcuno ha sfondato il telo e lo ha
preso. Ci voleva
pure questa! Ma nessuno si è alterato di ciò. Si vede che ci
sono abituati.
E così con Irina abbiamo deciso di mettere il video in galleria
nel grosso
monitor libero, e sta pure parecchio bene. L?inaugurazione è
stata una bella
festa, finalmente arrivano anche Jeffrei e David, e alla fine
andiamo a cenare
in una quindicina al Chelsea Hotel, e Jef paga per tutti.
Ora sono sempre in galleria, e Jef non è ancora arrivato (sono
passate più
di due ore). Ci vuole una santa pazienza. Dobbiamo parlare di
tutto, e giovedì
ci siamo dati appuntamento per sabato. Devo anche avere dei
soldi che ho
anticipato per inviti e altre cose per il montaggio...
Sto scrivendo nel deposito-esposizione a lato della mostra. Ogni
tanto metto
il naso in galleria e c?è sempre un sacco di gente. Mi
piacerebbe che ci
fossero i galleristi, perché sono bravi a parlare dei lavori, ma
c?è solo
l?assistente e lui non è molto interattivo con la gente e non sa
molto di
arte, ma è un bravo segretario e ora diligentemente ha risolto
il problema
delle mail (bisogna spedirle 5 alla volta sennò non partono!) e
sta mandandole
a poco a poco. Molte persone chiedono cose, le chiedono anche a
me (e mi
nascondo dietro al fatto che non mi riconoscono, perché ho una
certa timidezza
nel parlare del mio lavoro in prima persona, ma se mi scambiano
per qualcuno
della galleria dò loro tutte le info più dettagliate che mi
chiedono, compreso
i retroscena delle performance!). Tra poco però vado, Jeffrei è
sparito,
sempre la segreteria telefonica come al solito...Mi sono stufata
di stare
in galleria. Ieri sera ho traslocato da Kevin e sono andata a
stare da Nora,
la mia cara amica del primo anno di università a Bologna, che ho
ritrovato
prima di arrivare qui. Sono molto felice di rivederla, e sto
qualche giorno
da lei così passiamo un pochino di tempo insieme. Poi mi metterò
a cercare
una stanza in affitto da qualche parte, cosa che non ho la
minima voglia
ma mi tocca.
La mia performance all?Armory è andata bene, ancora non ho visto
tutte le
riprese, per cui mi rendo conto in parte di ciò che è successo.
Mi interessa
riflettere sulle differenze di percezione e interazione tra
quella che ho
fatto a Venezia e questa qui. La considerazione più interessante
è che qui
la gente ama più la cosa ?strana? che andare a scoprire il
significato che
c?è sotto. In un certo qual modo lo vedevo anche nelle poche
riprese che
ho guardato (essendo cieca i miei occhi sono nel video..) e lo
percepivo
durante la performance. I momenti dove si divertivano di più era
quando andavo
a sbattere (poi lo facevo anche apposta) da qualche parte o mi
sedevo in
braccio alla gente seduta? e ho giocato un po? a creare
situazioni assurde
e buffe. Mentre invece notavo che, a parte alcuni molto acuti e
molto interessati
(compreso parecchi fotografi e televisioni che mi chiedevano
interviste),
molte persone non coglievano l?aspetto concettuale del lavoro ma
soprattutto
quello paradossale e divertente. Ma quando monterò il video sono
sicura che
verranno fuori altri significati e altre differenze tra i due
contesti. Ah,
un altro dettaglio interessante?impossibile trovare dei
biglietti per entrare.
E? la prima volta che pago per entrare a fare la performance da
qualche parte.
Un ingresso per fare il punto della situazione sabato, due
ingressi per me
e il cameraman domenica, fanno 60 dollarini. Non perdono mai
nessun cent
possibile qui in America. E ho chiesto a chiunque se avevano
inviti. (e non
è una questione dei 60 dollari, ma più una questione di
principio. Come se
un medico deve pagare per entrare in ospedale?)
Beh ora proprio esco dalla galleria. E? andato pure Paul, tutti
hanno chiuso,
sono le 7, vado a cena a un giapponese con amanda e altri, e
Jeffrei si farà
sentire lui.
Mi viene in mente un?ultima cosa. Quando ero scappata dalla casa
di Soho
venerdì notte e arrivai da Kevin distrutta da tutta la storia,
lui con la
sua solita calma e serenità mi ha detto: ?Welcome to New York?.
Intendendo:
ecco un altro dei lati di New York. La vita dura, la gara, lo
stress...
Sembra a volte ?homo homini lupus?. Mors tua, vita mea. E
davvero c?è anche
molta durezza in questa città. Lo percepisci a volte anche dalle
pieghe dei
muri, dal modo di camminare di certa gente, dal degrado di
alcune cose, da
un odore dell?aria. Lo senti anche nella musica rap, che si
rispecchia così
bene con la realtà di new york. Però è al tempo stesso è anche
una città
molto allegra, piena di vita, continua fonte di sorprese.
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