12. il gioco
della giungla e la serenità della casa
Oggi ? questa sera ? mi sono sdraiata sul divano a bloccare il
tempo, ad
assaporare le sensazioni. Era un sapore di godimento e di
sottile euforia,
tranquilla e piena. Ho sentito il bisogno di bloccare e gustare
momenti
di piacere intensi che sto vivendo. Uno scorrere di giorni in
maniera strana
e normale al tempo stesso. Fare le stesse cose che faccio di
solito ? andare
per mostre e gallerie, lavorare al computer ai miei
lavori/pensieri/contatti,
uscire a cena o cucinare o ubriacarsi e ballare?- con due
varianti diverse
davanti agli occhi: la città che mi circonda, e l?uomo con cui
mi relaziono.
E? come se vivessi due vite intrecciate: la mia solita, simile
in ogni parte
del mondo, e una nuova, che si riflette nello specchio delle
cose che vedo,
nei posti dove esco, nella casa dove sto, nella persona con cui
condivido
le cose.
Sto girando molto per gallerie, sto prendendo nuovi contatti
(superando la
solita timidezza, oppure vivendola e sopportandola) e andando a
tante inaugurazioni.
Niente di strano in tutto ciò. Lo strano è la cornice. Sono a
New York, e
ciò che vedo sono le inaugurazioni nelle gallerie di New York, i
contatti
sono con queste persone. Qui i rapporti umani sono generalmente
tutti stra-veloci.
Molto allegri, super gentili, ma a volte non perdono tempo
nemmeno a parlare
(quando invece ne perdono tantissimo a scrivere e-mail perché in
città si
comunica più per e-mail che per telefono).
Andare in giro a prendere nuovi contatti è un lavoro lungo e
faticoso. Per
fortuna Amanda, una brava artista newyorkese conosciuta alla
biennale di
Venezia e che ha visto bene il mio lavoro, mi ha fatto un elenco
ragionato
di gallerie adatte al mio lavoro. Così non vago a vuoto (non so
se vi rendete
conto, ma solo a chelsea, nelle 7-8 strade che vanno dalla
21esima alla 29esima,
ci saranno alcune centinaia di gallerie. In certi palazzi, come
il 526 nella
26th street, ci sono 4 piani, ciascuno con più di una dozzina di
gallerie.
Le riflessioni più immediate, che erano quelle che mi balzarono
agli occhi
l?anno scorso la prima volta che venni qua, ma ora sono più
approfondite
corpose e consapevoli, sono di una grande accozzaglia di cose,
trovi proposte
dalle più indecenti ? intendo per bruttezza e ovvietà ? a quelle
più stimolanti
(non troppe). Sempre più mi rendo conto del gusto americano per
l?effetto,
l?insolito, la macedonia e lo spettacolo, spesso però non
supportati da niente
da dire. Ne ho parlato molto con David ( un altro amico che ha
seguito la
mia mostra) e con Mauricio (un venezuelano che vive qui da 20
anni interessato
a promuovere i miei video ? chissà?...) che in parole diverse mi
raccontarono
quello che anch?io sto sperimentando: il mondo che cambia qui di
continuo,
le infinite possibilità, la durezza della lotta ? se non della
competizione
? il disprezzo dei perdenti, e il seguire mille cose che diventa
superficie.
Ci sono un sacco di riflessioni che vagano dentro di me sulle
differenze
tra Europa e America, sui reciproci handicap e gli opposti
stimoli, ma sono
troppo articolate per scriverle ora, e ancora informi, anche se
forti, e
fonti di dialogo continuo con gli altri. Una delle cose più
belle che mi
sono sentita dire da quando sono qua è da Mauricio quando mi ha
detto che
il mio lavoro è forte e pronto per NY, perché qui tutti
strafanno ma pochi
hanno qualcosa da dire. Un po? lo sento anch?io. Nel senso che
avverto la
maggioranza delle persone avere un atteggiamento
sensazionalistico sulle
cose e sull?arte, anche perché tutto luccica e pochi parlano.
Anche il mio
lavoro, qui più che altrove, da molti è amato e apprezzato solo
per la sua
ironia e comicità e il suo livello apparente (oh fantastici i
bollini rossi,
cool le scatole in spiaggia, uh, ma davvero non ci vedevi con
gli occhiali
bianchi a Venezia? Figo!..) ma meno persone vanno a cercare
quello che c?è
sotto. Ma quelle che lo fanno ci trovano gusto, e soprattutto ne
sono colpiti.
Ma questo mi diverte. Non mi interessa a che livello il mio
lavoro viene
percepito, ci sono tante chiavi dentro, ciascuno può aprire le
porte che
vuole. Ora non è più un mio problema (alcuni anni fa sì, volevo
che tutti
cogliessero tutto ciò che volevo esprimere?). Ora non ne ho più
bisogno.
Mi diverte assistere ai differenti gradi di letture che la gente
fa del mio
lavoro.
Nel frattempo lavoro con pazienza, ma con un po? più di tenacia,
al conseguimento
dei miei obiettivi con i galleristi. L?altro giorno erano a NY.
Gli sono
stata alle calcagna. Prima che io parto devono risolvere la
vendita del video
in sospeso. Ho imparato ? sto imparando ? a fare come fanno qui:
push, push,
pressare psicologicamente, come tutti hanno fatto con me. Ora
loro stanno
un po? meglio e li ho visti un po? più concreti e rilassati.
Oggi dovevano
andare dal collezionista, ho dovuto fidarmi e dargli l?originale
del video
che si suppone abbiano venduto. Prima di partire voglio o i
soldi o il video.
Così, concreta, come fanno gli americani (mi è costato giorni di
sudore e
mal di pancia prima di farmi valere psicologicamente nella
girandola di parole
e vortici di appuntamenti mancati che riescono a costruire
(spesso non tanto
in malafede quanto per i troppi impegni e le troppe missioni che
pretendono
di compiere). E? piuttosto difficile per me parlare delle varie
cose con
loro che arrivano in galleria e parlano con 10 persone al tempo
stesso e
poi spariscono e poi al telefono, e poi riprendono a parlarti.
Qui è spesso
così nel lavoro. E se non ti fai avanti a sgomitate sei pestato
(e senza
nulla di personale, solo che non c?è tempo, mille cose premono,
vince la
priorità che insiste di più. Ecco tutto). Difficile per me, una
grande scuola
però, tanto più grande in quanto filtrata dalla consapevolezza
dei meccanismi
e dalla tua differente prospettiva del vedere.
E un pochino sto imparando: push, push, dire cosa vuoi, e
cercare di ottenerlo.
Un po? brutale, un po? semplice, un po? piatto. Però ti svegli.
E così è
la giungla qui. O ti svegli, o sgomiti, o ciao. Però al tempo
stesso sono
stradisponibili ? parlo in generale ? alle novità, ad
ascoltarti, a progettare
con te. Ma devi andare al sodo, sennò il treno passa.
Tutto ciò mi fa imparare e mi fa riflettere ma non mi fa così
male come ai
primi tempi, perché, credo, a casa sto vivendo una situazione
calma, rilassante,
complice. Mario è canadese francese, molto europeo (compreso un
ottimo gusto
per il cibo, ci divertiamo a mangiare bene e a cucinare
reciprocamente stupendo
l?altro) e abbiamo tempi simili, e molte sintonie sugli umori.
Spesso tutti
e due vogliamo il silenzio e ci perdiamo nei nostri lavori e nei
nostri pensieri,
e ci incrociamo non parlandoci per ore. Spesso abbiamo voglia di
andare negli
stessi posti, e ci vediamo insieme tutte le mostre o le
inaugurazioni o i
locali. Spesso abbiamo voglia di ridere, e ci divertiamo come
matti o in
giro per la città o a tirar tardi nei locali. O spesso abbiamo
voglia di
tenerezze, ma queste sono faccende private.
Tutto ciò mi fa sentire bene, e spalleggiata e rilassata, per
pressare dove
bisogna, senza farmi mangiare.
Ho anche ripreso a lavorare un po? ai miei nuovi video (anche se
ha più senso
usare il tempo qui vedendo cose e prendendo contatti, piuttosto
che stare
al computer) e ho deciso che settimana prossima rifaccio la
performance della
lentezza a NY. E? tre anni che lavoro a sto progetto (?è sulla
lentezza..no?:?),
ho già fatto molte azioni e riprese, ma i video sono infiniti e
tutti in
lavorazione. Anche quello di NY, con la perfo fatta e ripresa
l?anno scorso.
Ma a questo punto voglio ancora altre immagini e riprese, voglio
aggiungere
la città in primavera, voglio fare un montaggio delle due azioni
a NY, e
poi Mario mi farà le riprese. Sono curiosa. Devo decidere dove
andare, come
vestirmi, e cosa mi serve da integrare nel video?
Iintanto il tempo passa?ma davvero devo partire? Non che non mi
manchi l?Italia
e tutti i miei affetti, ma quando ricapiterà una convivenza e un
rapporto
così sereno in una città brulicante come NY in un appartamento
tutto per
noi che è una reggia? Mi sono intanto però informata dell?aereo:
non posso
spostarlo, e se non parto perdo il biglietto. Mi devo informare
anche per
il visto: scaduti i tre mesi turistici rimanere negli USA è un
casino ? ed
è pure un casino informarsi e capire a chi chiedere? Intanto
domani andiamo
a Brooklin, alla festa dei ciliegi in fiore al giardino
botanico. E ora vado
a dormire, sono più delle 3.
Oggi è domenica, ieri brookling, poi festa alla white box, poi
birthday party
con Nora, tutto il giorno in giro. Oggi volevo stare a casa ma
avevo appuntamento
col direttore della white box. Ed è stato un incubo. Come al
solito, vortice
di mille persone, cose, parli un po?, poi aspetti ore, poi ti
dice aspettami
che arrivo, poi esce, poi poi? tutto ciò che credevo di aver
imparato svanito,
mi sono sentita come una deficiente ad aspettare i suoi vortici
senza riuscire
ad impormi, con lui che andava e veniva continuamente per poi
dirmi che il
progetto dovevo comunque mandarglielo per posta perché ha il
gruppo dei curatori.
Ma mi teneva lì perché voleva fare il simpatico. Una domenica
pomeriggio
sprecata là dentro?Però comincio a conoscere parecchi di NY, sia
lui che
un altro gallerista organizzatore presenti oggi conoscevano
qualcosa del
mio lavoro visto ai vari ?scope? passati, e col direttore della
white box
ho una buffa scena con la performance dell?urlo e lui che fa
finta di svenire
mentre io urlo a squarciagola (lo scorso luglio a Scope Hamptons,
quando
ho fatto un piccolo ?assaggio? della performance che avevo fatto
a Venezia).
Ma la giornata passata ad aspettarlo mi ha sfibrato. Meno male
che sono arrivata
a casa e mario si è messo a cucinare un elaborato piatto di
carne, e ora
mi rilasso scrivendo, e poi il senso di frustrazione e
beckettiana attesa
senza frutti sparirà?.
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