Carte del silenzio interiore.

Al pensiero poetico del colore Paolo Gubinelli dedica una storia di immagini che possiede la coerenza di un suo sogno spontaneo, il sentimento naturale del fare pittura che si rivela nella profonda adesione ai valori del segno e della luce. La carta è materia prima che esprime questo orientamento calibrato su diversi effetti visivi, il bianco è lo stato d’animo da cui prende origine l’avventura dei colori, è l’aria sospesa che li avvolge, avvolta dal ritmo spaziale dei segni che mettono in rilievo sia l’incidenza della luce sia la trasparenza della materia pittorica.

Attraverso la sapienza dell’evento manuale Gubinelli conduce il lettore sulla soglia di immagini che hanno lo stupore delle tracce arcaiche, la vibrazione dei suoni primari, il movimento mutevole delle cose che appaiono e si dileguano, quasi nello stesso istante.

Il segno inciso, la linea fuggevole, lo spazio instabile e le risonanze allusive del colore costituiscono un alfabeto che rinnova, foglio dopo foglio, quella dialettica tra rigore e fantasia in cui la pittura di Gubinelli si riconosce e trova, da sempre, le sue ragioni espressive.

Non si tratta mai di separare la ragione analitica dall’emozione del gesto, la misura compositiva dall’azione della mano che inventa sulla carta innumerevoli accadimenti: stati di luce impalpabile eppure fisica, solchi tracciati velocemente eppure fortemente meditati, materie fluide e vaganti eppure definite nel loro profilo spaziale.

Si tratta – piuttosto – di tenere compresenti questi aspetti apparentemente contraddittori e di sollecitare dal loro incontro un senso dello spazio in continuo fermento, turbato dalle tensioni informali del colore che si commisurano con gli automatismi imprevedibili del segno.

La persistenza di questo atteggiamento creativo permette di osservare il percorso di Gubinelli, almeno dagli anni settanta ad oggi, come un processo infinito di segni intuitivi e istintivi, sovrapposti e incrociati, spesso incisi o semplicemente trattati come fili in libertà.

Segni che si accompagnano a piegature, strappi e germinazioni cromatiche fino a costituirsi in una scrittura nutrita di liriche risonanze poetiche, senza che questo riferimento all poesia voglia indicare precisi legami letterari, specifiche citazioni che entrano nell’universo del dipingere.

Non a caso, tra pittura e poesia, non v’è alcuna relazione meccanica ma una profonda necessità di rivelare uno stato di sospensione del linguaggio come strumento di emanazione di una visione non circoscritta al reale ma aperta alla sua trasfigurazione.

I segni di Gubinelli non sono mai privi di questo slancio verso un altrove possibile, tendono verso la purezza essenziale del colore-luce, sono tramiti profondamente espressivi con lo spazio circostante e ogni loro incrinatura provoca inquietudine e scalfisce l’equilibrio della ragione.

Un sentimento prolungato del tempo attraversa queste carte del silenzio interiore, pagine toccate da minime graffiture e leggeri vapori di colore che rivelano spazi sconfinati, come se dalla breve misura del foglio potesse ogni volta prendere corpo il senso dell’inafferrabile.

Ogni sommovimento della luce è sollecitato dalla sensibilità con cui l’artista disgrega l’unità della visione in molecole di energia mentale, da cui scaturiscono bagliori e vibrazioni del pensiero creativo che dilatano i confini della percezione, quasi disorientando il lettore.

Ogni segno è calcolato nel felice incontro con la qualità tattile della carta, oscilla nel bianco come memoria di un percorso perduto, sta sospeso nel vuoto di un cosmo ignoto, totalmente immerso nel divenire della luce che è - per Gubinelli - azione ed estasi, estremità non separabili del suo immaginario pittorico.

 

Milano - ottobre 2002                                                                                            Claudio Cerritelli

Ediz. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

Ministero per i Beni e le attività Culturali

Donazione: opere inedite di Paolo Gubinelli – Poesie inedite di Mario Luzi  - 2003

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