PIERRE RESTANY 1993

L’ultimo degli spazialisti.

 

Giulio Carlo Argan ha scritto poco su Paolo Gubinelli, ma il suo parere espresso in una lettera del  25 Aprile 1991 è illuminante: “Mi pare che la sua ricerca sia proprio di dematerializzare o defenomenizzare la carta togliendole il suo limite di superficie e costruendo con sottile incisione una spazialità senza volume e una luce senza raggio” .

Spazialità senza volume - luce senza raggio . Ecco espresso con lo spietato rigore analitico di Argan la chiave di lettura dell’intera ricerca di Gubinelli .

Dalle incisioni-piegature su carta bianca o trasparente degli anni Settanta alle incisioni colorate e agli acquarelli tagliati e bucati, l’opera di Gubinelli appare come il grande percorso spaziale dell’arte grafica del secondo dopoguerra .

Infatti a 48 anni l’artista può rivendicare questo primato della carta spaziale . Sarà lui l’ultimo degli spazialisti o il pioniere di un secondo spazialismo ? La domanda in fine dei conti ha poca importanza davanti all’insistenza ostinata del discorso spazio-luce . Rendere tangibile la fluidità energetica e la sua illimitata flessibilità è un impegno quasi eroico nel momento che viviamo oggi . Questo filone spaziale più alchemico che concettuale è stato tuttavia la via aurea di Fontana e Manzoni e soprattutto di Yves Klein .

Gubinelli adopera la carta non soltanto come sostanza attiva del pensiero, ma anche come il luogo del suo destino esistenziale . Per impegnare la totalità dell’essere, la gestualità non ha bisogno dei grandi formati monumentali della ”Action Painting” e nemmeno del formalismo rituale della calligrafia orientale . Sulla sua carta Gubinelli vive il dramma della trascendenza gestuale: lo spazio-colore (come le pieghe della carta o i tagli delle incisioni) è solo la fissazione momentanea di un percorso dell’energia vitale, un’attimo di sensibilità esacerbata . Il dramma esistenziale e poetico dell’artista si gioca su un territorio minuscolo, un fazzoletto: Gubinelli è modesto ma la sua modestia è la modestia dei grandi, la sua definizione dello spazio è legata alla fissazione di un frammento di energia cosmica, un fatto di pura sensibilità. Questa sensibilità usata dall’artista con la massima e discreta precisione, è il catalizzatore del linguaggio poetico . Gubinelli è certo un uomo sensibile ma il suo istinto lo convince che la sensibilità non è un oggetto di possesso, è solo un frammento dell’energia vitale che abbandona il nostro corpo al momento della morte . La sensibilità è la sorgente di tutti i linguaggi poetici . Chi ne controlla un frammento si impone come maestro di linguaggio, però questa sensibilità non gli appartiene in proprio: l’artista né è solo l’inquilino .

Yves Klein aveva deciso di affittare un’immensa fetta della torta spaziale perché credeva nella finalità ultima della rivoluzione blu, la salvezza generale del mondo, la apocatastasi degli alchimisti .

La visione di Gubinelli non ha ancora raggiunto l’architettura dell’aria e forse non la raggiungerà mai, ma le sue carte trasparenti incise o bucate illustrano il suo approccio esistenziale dello spazio moderno . Gubinelli era appena nato quando Gagarin andò per primo nello spazio, aveva 24 anni quando Aldrin fu il primo a mettere piede sulla Luna . Ha fatto però in tempo a vivere l’avventura spaziale come una leggenda, una bella leggenda umana . L’avventura spaziale si è svolta dall’inizio sotto il segno dell’umanesimo tecnologico . I cosmonauti erano incaricati di una missione umanistica planetaria: rimanere uomini nel cosmo, assumere la pura normalità dell’essere umano nell’ambiente eccezionale del vuoto cosmico . Per assumere la stessa missione nella sua arte, Yves Klain era andato a cercare nel cuore del vuoto il fuoco degli alchimisti, il fuoco a doppio taglio quello che brilla e quello che brucia .

Paolo Gubinelli ha capito il senso e la portata di un tale messaggio: la sua modestia volontaria rivela il rigore di una stretta autodisciplina di igiene visiva e morale .

L’artista tra Yves Klein e Lucio Fontana si è inziato al percorso segreto ed esigente dello spazialismo integrale .

Conosce benissimo il destino e anche la destinazione della sua opera: il lungo cammino verso l’immateriale.

 

Milano, giugno 1993                          Pierre Restany

 

Ed. A.I.C.S

Chiesa di S. Francesco, Comune di Gualdo Tadino, 1993

Casa di S. Ubaldo, Comune di Gubbio, 1993

Sala 90 del Museo Palazzo Ducale, Comune di Mantova

Soprintendenza per i beni Artistici e Storici, Mantova, 1993

 

Ed. Forlì

Palazzo Albertini 1997, Antologica

 

Paolo.Gubinelli@inso.it

giosue@giosuemarongiu.it

www.giosuemarongiu.it 

Home page  

  

 

Copyright© 2000  Giosue' Marongiu . E' vietata la riproduzione anche parziale. Per informazioni sugli artisti      areaospiti@giosuemarongiu.it
       
WEB-MASTER      Valentina Marongiu  
  
           
Sito recensito su      www.valentinamarongiu.it/