VALMORE STUDIO D'ARTE VICENZA

Testo critico di:
MONICA BONOLLO

Presso Valmore studio d'arte di Vicenza è stata inaugurata la mostra del gruppo T “Miriorama 15”. La prima manifestazione del gruppo T “Miriorama 1” si è svolta presso la galleria Pater di Milano nel gennaio del 1960, a pochi mesi dalla costituzione del gruppo da parte di quattro giovani artisti, smaniosi di cambiamenti e desiderosi di sperimentare nuove tecnologie, insofferenti delle convenzioni e dei riti e miti dell’arte: Giovanni Anceschi, Gianni Colombo, Davide Boriani, Gabriele Devecchi, ai quali successivamente si aggiunge anche Grazia Varisco. Il manifesto del gruppo T “Miriorama 1” dell'ottobre del 1959, pone le basi teoriche per la realizzazione di opere “in divenire”, “a quattro dimensioni”, in cui la componente temporale possa essere percepita attraverso la variazione continua, imprevedibile ed irreversibile dell'immagine. E poiché la variazione si realizza attraverso il movimento che modifica nel tempo la struttura spaziale dell'opera, nasce l'esigenza di una componente casuale che rompa la ciclicità del movimento meccanico. Da qui la possibilità di far intervenire lo spettatore sull'opera in tempi e modi imprevisti anche agli stessi autori.

Nei quattro anni successivi si svolgono quattordici manifestazioni “Miriorama”, l'ultima delle quali presso lo Studio F ad Ulm nel 1964.

Dopo questi primi anni di grande fermento il gruppo T progressivamente modifica il proprio assetto, a partire dal 1964 alle ricerche e alle mostre collettive si affiancano ricerche e mostre personali. Nel 1968 il gruppo T firma per l'ultima volta un lavoro collettivo, ma anche se Colombo e Varisco prendono ufficialmente le distanze dal gruppo, prosegue secondo modalità diverse la collaborazione fra gli artisti e non è mai stato formalmente proclamato lo scioglimento del gruppo.

Assume quindi un significato particolare questa esposizione “Miriorama 15” con la quale Anceschi, Boriani e Devecchi intendono comunicare che la loro collaborazione resiste nel tempo e il gruppo T si ripresenta condividendo ancora idee, convinzioni ed esperienze.

 

Tra la fine degli anni '50 e gli anni '60 la storia artistica europea è contrassegnata dalla nascita di “gruppi” d'artisti che, pur nella loro breve vita e nelle fisiologiche differenze, coaguleranno attorno a leit motiv ricorrenti, spesso accompagnati dall'aspirazione ad un'“arte di tutti” e un'“arte per tutti”. (1)

Ciò che accomuna l'attività del Gruppo T agli altri gruppi italiani e internazionali è innanzitutto la ricerca di un procedimento artistico rigoroso ed analitico da contrapporre alle tendenze dominanti dell’epoca: dall'espressionismo astratto all'arte informale. Si cerca di ottenere un’oggettivizzazione della percezione estetica – in antitesi al soggettivismo imperante - e per raggiungerla ci si avvicina al mondo della scienza e della tecnica. E’ il rapporto arte e scienza che si fa garante della “misurabilità” dell’esperienza estetica, passando attraverso il controllo dei meccanismi della percezione. L’attività artistica viene concepita più come sperimentazione scientifica che come attività di creazione individuale.

Questa sperimentazione porta alla ricerca di un linguaggio semplice e codificato. Si usano figure geometriche neutre (quadrati, cerchi, rettangoli, …), ordinate attraverso rapporti non arbitrari ma anonimi (relazioni algebriche, topologiche, fisiche, …), con lo scopo di ottenere una superficie, un oggetto o un ambiente “attivo” in grado di stabilire immediatamente una connessione visiva, tattile, polisensoriale con lo spettatore. Ed è a questo punto che interviene la componente casuale ed imprevedibile determinata dall'azione dello spettatore.

L’artista prende distanza dall’opera, nega la propria “soggettività autorevole ed ispirata”, per programmare un dispositivo in grado di catturare lo spettatore e intraprendere con lui un processo interattivo. L’opera non è più un oggetto definito, chiuso, compiuto, ma un processo aperto, dinamico, avviato da un operatore estetico, che ne ha predeterminato le condizioni di partenza e quindi le possibilità di esistenza, e che per realizzarsi necessita della presenza attiva di un fruitore.

Nel nuovo processo artistico è quindi insito il concetto di interattività. E’ solo la presenza del fruitore che permette la piena esistenza dell’opera, è la sua azione, visiva motoria o cognitiva, che rende attivo il programma iniziale attualizzando alcune delle sue possibili configurazioni.

E’ necessaria quindi l’azione reciproca dell’operatore iniziale, dell’opera-dispositivo e del fruitore per dar vita al processo artistico.

E in un agire che non produce più oggetti ma attiva processi è implicito il concetto di movimento.

Non è più solo lo spazio ad essere indagato, ma il tempo acquista un significato fondamentale e con esso l’opera assume una dimensione dinamica.

Ricordiamo che nella definizione gruppo T la “T” sta per Tempo.

“Consideriamo la realtà come un continuo divenire di “fenomeni” – dichiara il Gruppo T - che noi percepiamo nella variazione. Da quando una realtà intesa in questi termini ha preso il posto, nella coscienza dell’uomo (o solamente nella sua intuizione) di una realtà fissa ed immutabile, noi ravvisiamo nelle arti una tendenza ad esprimere la realtà nei suoi termini di divenire”.

E’ chiaro a questo punto che alle vecchie categorie dell’arte sono state sostituite nuove concezioni del fare artistico.

Opera d’arte, artista, spettatore, e relativi rapporti sono saltati.

L’artista da produttore di oggetti si trasforma in attivatore di processi, in operatore estetico (come ama definirsi negli anni '60), accorciando le distanze fra il suo ruolo e quello del fruitore.

L’opera d’arte si allontana dalla sua tradizionale dimensione oggettuale per assumere quella di processo, di campo di accadimento, di luogo spazio-temporale mutevole.

Lo spettatore, che tradizionalmente contemplava l’opera a distanza, si trasforma in un fruitore che partecipa da vicino e attivamente al processo artistico.

Ecco allora che il linguaggio dell’immagine e dell'arte non è più solo il mezzo, lo strumento attraverso il quale riproduciamo la nostra esperienza ma la situazione, l’ambito stesso nel quale si articola la nostra esperienza del mondo.

(MONICA BONOLLO)

nota:

1 - Mentre a Milano si costituisce il gruppo T a Padova nasce il gruppo N, nel 1960 a Parigi prende vita il GRAV, qualche anno prima è nato il gruppo spagnolo Equipo'57, nel'58 in Germania il gruppo 0. Nel '64 a Milano nasce il gruppo MID e a Roma negli anni '60 sono attivi il gruppo 1, il gruppo 63, l'Operativo R, Binomio Sperimentale P e a Genova il Tempo 3. Infine operano in quegli stessi anni lo statunitense Anonima Gruop e il sovietico gruppo Dvijzenije.

Valmore studio d'arte - Vicenza
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