COLOSSI ARTE CONTEMPORANEA - BRESCIA

MALCESINE
CASTELLO SCALIGERO

ANDY WARHOL

    
LADIES AND GENTLEMEN
 

DAL CATALOGO: IL TESTO CRITICO DI ILARIA BIGNOTTI
“Ladies and Gentlemen: al centro, il volto. E attorno, il vuoto”

[…] Cosa sanno, quali segreti custodiscono, questi volti eccitati, eppure bloccati, conturbanti e indifesi, i cui profili emergono fra vivaci macchie cromatiche, eppure paiono immersi in un vuoto che li inghiotte e li soffoca?

Ci raccontano la storia di un artista, e di un’epoca. O meglio, dell’artista che, forse più di ogni altro, ha saputo rappresentare un’epoca: gli anni Sessanta e Settanta, negli Stati Uniti d’America.

Gli anni del mito del progresso, del self made man, della possibilità di avere, possedere, e quindi essere; gli anni della liberazione sessuale, linguistica; gli anni dell’eccesso, della sperimentazione, dell’entusiasmo.

L’America lo accolse, e lui accolse l’America, donandole la certezza di essere ricordata per sempre, attraverso la sua opera. E l’accolse tutta, dai suoi miti di celluloide, ai prodotti più diffusi dei supermercati, ai volti più noti del mondo dello spettacolo e dello star system internazionale: “…pubblicità di parrucche, cinti erniari, plastiche nasali, elettrodomestici a buon mercato; un repertorio fumettistico che andava da Superman a Dick Tracy, da Zoe a Braccio di Ferro; alimenti in scatola da supermercati a prezzo minimo con nomi ben noti come Campbell’s, Mott’s, Kellogg’s, Del Monte, Coca-Cola; denaro americano, francobolli e buoni d’acquisto; volgari tabloid (“Daily News” e “New York Post”); le stelle più popolari, da James Dean a Elvis Presley, da Elizabeth Taylor a Marlon Brando…”.

[…] L’America: quale posto migliore per Andy Warhol? Dove l’individualismo si traveste di eccentrico, l’anonimato chiede tutta l’indifferenza del mondo? Terra dell’uguaglianza e della parità – tutti bevono la Coca Cola, dal Presidente al barbone all’angolo della strada, scrive l’artista sulla “Filosofia” – e insieme luogo dove sempre più profondo è il baratro fra la ricchezza sfavillante dei party anfetaminici e la quieta disperazione del Central Park nelle domeniche di pioggia. È qui, in questa contraddizione visibile e sfacciata, che Warhol dipinge e fotografa, gira i suoi films, scrive i suoi libri e a partire dagli anni Settanta si dedica con sempre più passione all’opera grafica, eseguendo ogni anno dai cinquanta ai cento ritratti.

Opere sulle quali, accanto a volti noti del bel mondo internazionale, sfilano, invadenti e orgogliosi, i protagonisti di una vita assiepata di eccessi, di promesse pericolose, di sfacciata bellezza: i “Ladies and Gentlemen”. Dieci volti che ancor oggi, con il semplice gesto di un braccio sollevato, di un collo buttato all’indietro, di una mano che s’accarezza i capelli, riescono ad ammaliare i nostri occhi. Come carezze incapaci di amarli sono le chiazze cromatiche con le quali l’artista li avvolge e li staglia; come sguardi impreparati a vederli, sono i pesanti contorni scuri con cui ne delimita i nasi ritoccati, le bocche gonfiate e tese in una smorfia di piacere, le eccessive parrucche e i capelli forzati sotto ampi copricapo. […]

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