22 Aprile / 15 Maggio 2010:
IL GUSTO DI CATTURARE L'INTENSITA' INCONCILIABILE
2010 80X120 VERNICE SPRAY SU CARTA SMERIGLIATASergio Sansevrino dalle “Solenni introspezioni” a “Curami Deus”.
A cura di Ida Chicca Terracciano
Affrontare l’indagine critica sulla produzione di Sergio Sansevrino vuol dire imbattersi in una singolare disposizione dell’artista a vivere la propria creatività con estrema coscienza operativa. Non si tratta della discussa questione, condivisa da parte degli operatori che vivono all’interno del sistema artistico sul senso del “fare” arte, poiché in Sansevrino questi interrogativi lasciano il campo ad un altro aspetto, il vivere una naturale disposizione all’auto-analisi creativa. Difatti in Sergio Sansevrino l’indagine interiore e la propria creatività coincidono e quest’assoluta diviene vincolante e spesso obbliga a radicali e frequenti rimesse in gioco del proprio codice espressivo riconfigurando così linguaggi e sistemi visivi.
La molteplicità della produzione espressiva di Sergio Sansevrino, fino ad oggi rinnovatasi attraverso coraggiosi e imprevedibili cambi di rotta, è così intessuta di tensioni e di irrisolutezza esistenziale, da poter indurre coloro che non sono pienamente calati nella sua ricerca, a pensare che la pittura sia per lui solo una via necessaria, attraverso la quale ritrovare un equilibrio interiore e spirituale.
Volgendo tuttavia uno sguardo a ritroso sulla continua stagione di riflessione condotta attraverso l’arte, si configurano diversi periodi produttivi tutti accomunabili da un orientamento di ricerca condotto all’interno del binomio dialettico che va dall’espressionismo astratto all’informale.
Non è facile trovare in Sansevrino un’operatività aperta anche alla casualità degli intenti, attitudine caratteristica di molti artisti contemporanei.
Ricorrenti sono ad esempio delle piccole memorie che l’artista registra sulla carta, per fermare riflessioni sul colore, sul mito, sul segno; pratiche di scrittura vissute attraverso la riflessione personale e perciò autenticamente esistenziali.
Se la motivazione al creare è sentita come un valore capace di consacrare la propria esistenza, il terreno dal quale egli continua a ricavare sostentamento è quello dell’interiorità, dimensione nella quale egli relaziona fattori con modalità da lui stesso espresse con la definizione di: “Solenne introspezione”, affermazione rilevabile nei suoi appunti di memoria.
Quest’assolutezza di concezione del momento di auto-percezione coincidente con l’auto-determinazione può considerarsi fino ad oggi il vero trait d’union del suo intero viaggio creativo; si affermava fino a poco tempo fa, perché oggi Sansevrino, ci sorprende con un nuovo cambio di rotta.
“Curami deus” rappresenta difatti la raccolta degli ultimi lavori dell’artista presentati al pubblico alla Galleria Memoli Arte Contemporanea di Milano, in un progetto espositivo a cura di Raffaele Memoli.
Il motivo delle opere in mostra prende le mosse dal territorio dell’informale, ma si orienta con chiarezza verso un nuovo versante immaginifico definibile come informale visionario, area nella quale l’artista in maniera personale rimette al centro il tema della visione e delle sue potenzialità rivelatrici. Si tratta in ogni modo di un misticismo laico, carico di ingerenze e incombenze nate da un “essere” metropolitano, simbolicamente calato nel sostrato di umori e rimossi, per così dire, a metà strada tra la cultura underground ed un neo-misticismo contemporaneo.
Così reticoli visivi schiudono lo sguardo lasciando intravedere squarci di dimensioni ancora appannate in: “La teoria preme l’esperienza del fenomeno” o nel“Il gusto di catturare l’intensità inconciliabile”; ancora, nuove prospettive appaiono dilatandosi alla coscienza attraverso la materia stessa che “Diffonde la forma che vorrebbe trattenere”, ma faticano a liberarsi dalla finitezza retinica come nel “Il gusto di catturare l’intensità inconciliabile”.
Affini alle precedenti opere ma diverse negli esiti sono: “L’accesso alla luce moltiplica i rivali”, “L’unitarietà diventa impenetrabile allo sguardo esterno”, “Vacilla fino all’in distinzione del sovrano equilibrio” la cui successione offre altre prospettive di valore in cui la rappresentazione è calata fin dentro le particelle della materia in una dimensione corpuscolare e organica insieme.
Ancora nuove direzioni in senso iconico e totemico sono ravvisabili in: “Non c’è traccia di menzogna”o anche in senso iconico diafano in “Nel verso possibile che mi sostiene”.
Nelle opere presentate è evidente il radicale cambiamento della tecnica espressiva, carte smerigliate fanno da supporto ad interventi operati con vernice spray. La ruvidezza e la scabrezza delle superfici esaltano la gestualità segnico-cromatica, le tracce si accavallano suggerendo direttrici e disegnando aperture verso l’alto o al contrario, si aprono in lacerazioni e deflagrazioni visionarie.
La secchezza con cui è recisa l’immagine ha l’essenzialità e l’incisività di un taglio chirurgico, esalta l’elemento di lacerazione, la parzialità della visione umana che si schiude a fatica verso “altro”portandosi dietro sempre una ferita.
Sicuramente le ultime opere di Sergio Sansevrino si distinguono per un processo di semplificazione e di sintesi formale, forse sono meno poetiche delle precedenti ma più coraggiose in termini linguistici, e rappresentano un passaggio intermedio che tende in prospettiva ad una concezione meno auto-riflessa, più umana e condivisa.