NICOLA CISTERNINO

                                                                                                                                          

Xöömij da                                                                                                                      play... 

LE VIE DEI CANTI (omaggio a Bruce Chatwin)

per voce di Basso (Nicolas Isherwood) e sistema UPIC (Xöömij1)

e per solo nastro magnetico realizzato con sistema UPIC (Xöömij 2)

 

"... Gli aborigeni credono che una terra non cantata sia una terra morta: se i canti vengono dimenticati, infatti, la terra ne morirà. Permettere che questo accada é il peggiore di tutti i delitti possibili." (Bruce Chatwin)

 

E’ folgorante l’idea, svelata dal viaggiatore Chatwin, che il paesaggio desertico australiano nelle sue infinite modulazioni geografiche diventi, nel linguaggio mitico-totemico degli aborigeni una sorta di metapartitura sonora, poiché tutti i luoghi non hanno nome, nel senso che noi attribuiamo a questo termine, ma hanno un suono, un suono che identifica il luogo e che lega in forme indissolubili l’uomo e tutto il suo clan a quel luogo...la memoria ha poi la grande funzione della trasmissioni e dell”abitabilità” del canto; solo attraverso la sua continua trasmissione e conoscenza - la sua “abitabilità” appunto - é possibile mantenere vivo e fertile il sacro rapporto tra l’uomo e la sua terra. Xöömij, nelle sue due versioni, é dunque un altro canto , un canto che si articola nell’intrinseco e indissolubile rapporto tra l’articolazione linguistica e i suoni della terra che li ospita. Voci e lingue misteriose che forse di umano - nel senso di acculturazione - poco hanno ma che certo  si sono stratificate come fossili nella terra, nel paesaggio. Amo molto l’idea che le forme, le sagome, i paesaggi che ci appaiono innanzi - nella cruda realtà o nella stella ultima dell’immaginazione come avrebbe detto Paracelso, sono forme o archetipi formali che ancora non abbiamo imparato a leggere e che pure, da milioni di anni, sono lì davanti a noi come un sacro libro aperto.

Xöömij é il nome di un particolare genere di canto vocale difonico di origine orientale caratterizzato da uno spiccato uso del suono di gola. Il registro grave del cantante é quì utilizzato come cavità sonora che pre-forma il suono in linguaggio prima dell’articolazione parlata. Xöömij é stato composto come primo canto della serie - che mi auguro di poter continuare in futuro - di Le vie dei Canti nell’aprile del 1997 e realizzato negli studi degli Ateliers UPIC (Unité Polyagogique Informatique du CEMAMu) di Parigi nei quali mi é stato possibile lavorare grazie ad un invito di résidence rivoltomi da parte di questa prestigiosa ed eretica istituzione attraverso il suo direttore Gerard Pape. Unica e preziosa la straordinaria tavolozza vocale di Nicolas Isherwood dalla quale sono stati estratti alcuni campionamenti nello studio UPIC assieme ad alcuni frammenti di un ‘altra mia precedente composizione per clarinetto basso ( Cerimoniale notturno da Dramenon, 1989) eseguita da Pierre Albert Castanet. Ideata e concepita come articolato progetto di metapartitura topografica, Xöömij rappresenta uno degli stadi più recenti di elaborazione dei miei Graffiti Sonori, un nuovo livello di ibrido scritturale del suono che grazie all’interattività e alla versatilità del sistema UPIC rende accessibili e funzionali in termini di partitura e di progettazione compositiva vere e proprie forme della visione. La partitura di Xöömij consiste infatti di tre strati- alla stessa stregua di quelli geologici- grafosonori.

Il primo strato è rappresentato da un Graffito Sonoro di dimensioni cm. 50x70 realizzato su carta nel 1996 (vedi figura);

 

il secondo strato è rappresentato dai bozzetti per la partitura elaborati durante il soggiorno a Parigi (vedi figura) ;

 

il terzo strato è rappresentato dalla partitura grafica realizzata su  computer negli studi UPIC (vedi figura).    

 

"...Anche in cattività le madri pintupi raccontano ai loro bimbi, come le brave mamme di ogni paese, favole sull'origine degli animali: "Come all'echidna vennero le spine", "Perché l’emù non sa volare", "Perché il corvo é così nero". E come Kipling illustrò le sue Just So Stories con disegni di suo pugno, così la madre aborigena traccia sulla sabbia disegni che illustrano gli itinerari degli eroi del Tempo del Sogno.

La madre racconta la storia con un chiacchericcio monotono e spezzettato, e intanto segue le "orme" degli Antenati: muove l'indice e il medio, l'uno dopo l'altro, formando nel terreno una doppia fila di puntini. Poi cancella ogni scena con il palmo della mano e, alla fine, disegna un cerchio con un trattino che lo attraversa -una specie di Q maniuscola che indica il punto in cui l'Antenato, sfinito dalle fatiche della Creazione, é tornato "dentro". I disegni nella sabbia fatti per i bambini sono soltanto bozzetti o "libere interpretazioni" dei veri  disegni, raffiguranti i veri  Antenati, che si fanno solo durante le cerimonie segrete e che solo gli iniziati possono vedere. Tuttavia, é tramite i "bozzetti" che i giovani imparano a orientarsi nella loro terra, nella sua mitologia e nelle sue risorse. Alcuni anni fa, quando la violenza e l'alcolismo minacciavano di dilagare, un consigliere bianco ebbe l'idea di fornire ai Pintupi pennelli e colori per invogliarli a trasferire i loro Sogni sulla tela. Dall'oggi al domani nacque una scuola australiana di pittura astratta." (Bruce Chatwin, Le vie dei canti)

 

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