" La Pelle del Mare "
Fotografie di Gavina Rossi
Il posto
Là, dove?
Dove
germoglia il cuore
Vive
un solo istante, per sempre
Gavina Rossi
Sta la memoria degli inizi, in queste
prove di Gavina Rossi; una verità - ancora, ed ancora generata - in
diciassette fotogrammi. L'interesse per l'aspetto qualitativo del
fenomeno (pochi metri quadri di dune in un mattino di marzo) rende grazia e
pregnanza ad ogni oggetto concreto, ad ogni increspatura della sabbia sulla
battigia. Contemporaneamente, nel generare l'irregolarità frattale del
ricorso, l'artista pone l'accento su costruzioni dominate dal caso: come se
la grande forma del mondo, la potenza degli eventi passati si potessero
generare da forze cinetiche nascoste sotto la pelle del mare, nelle rughe
della terra, le stesse forze racchiuse nelle masse in equilibrio.
Gavina non ha dimenticato: il suo
vedere è un abitare trans-temporale, l'appartenenza ad un orizzonte
instabile, ma coerente, laddove l'analisi etimologica di coerenza consente
lo slittamento del termine dalla valenza etica ad un'accezione
specificamente formale. Cohaerere, essere unito, formare un tutto connesso.
Questo induce, come possibilità, la rinascita, l'evento tutto femminile del
generare prima e del crescere poi. Ci insegna quanto possa essere rigorosa
un'idea archetipica della realtà, quanto efficacemente possa
organizzarsi in struttura, in moduli iteranti: un prima ed un poi, con
modalità costruttive che nulla tolgono a quell'insperato accendersi
dell'aria, a quella gioia meravigliosa.
Il corpo della materia -
ricombinazione fisica degli elementi, fenomeno intelligibile - è il corpo
della visione: nelle sue vene, nell'occhio che contempla, corre una
visionaria geomanzia del quotidiano, un'epica purezza. Il mondo era così
recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava
indicarle col dito, racconta Garcia Marquez. Anche Gavina Rossi narra di un
mondo ancora incontaminato, un mondo ancora divino, salvato dall'orma di
presenze sacre. Il suo perdersi nel minimo di un fazzoletto di spiaggia,
così felicemente spaesata da soppiantare ogni misura che non appartenga
all'attimo (o all'eternamente presente), consente alle immagini il miracolo
di una restituzione, che è misura massima dell'esistente, facoltà umana
primaria. Così Gavina dà un nome alle cose, incorniciandole con lo
sguardo, specchiandovisi, per poi scoprire le coordinate. Le indica col dito
e, così operando, le riconnota. La visione è bella e forte di senso:
logica, ma per accidente; ritmata. Nel profondo, reale.
Le
forme delle cose possono essere percepite indipendentemente da ogni
significato, ma la forma del tempo - che è quanto l'artista ci offre - è
data dagli intervalli fra gli eventi. Ne osserviamo mutamento e permanenza:
l'oggi dell'immagine è lo spazio vuoto nel trascorrere, talvolta il punto
di rottura, l'infraferro ai poli di una campo magnetico rotante. La
fotografia lo intrappola e ce lo restituisce nella categoria delle cose
importanti, di lunga durata.
Ci
si può scordare di quanta sostanza esista nel giorno, nel gesto abitale,
nell'involontaria reazione. E' una sostanza, ci dice Gavina, che viene dalle
radici, che attraversa i tempi e non muta in
noi. Si fa scheletro, numero e storia. E' l'anima del mondo.
Francesca
Brandes
Come
Inaugurazione Sabato
13 Marzo 2004, ore 18.00
orario di galleria:
16,30 - 19,30 giovedì, venerdì,
sabato.
Sede dell'Associazione,
Galleria d'Arte e Archivio:
Via Mazzini, 5- 30171 Venezia - Mestre, Tel. 041/962237 Fax.
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