13 Marzo 3 Aprile  2004

     

" La Pelle del Mare " Fotografie di Gavina Rossi

Il posto 

Là, dove?

Dove germoglia il cuore

Vive un solo istante, per sempre

Gavina Rossi

Sta la memoria degli inizi, in queste prove di Gavina Rossi; una verità - ancora, ed ancora generata - in diciassette fotogrammi.  L'interesse per l'aspetto qualitativo del fenomeno (pochi metri quadri di dune in un mattino di marzo) rende grazia e pregnanza ad ogni oggetto concreto, ad ogni increspatura della sabbia sulla battigia. Contemporaneamente, nel generare l'irregolarità frattale del ricorso, l'artista pone l'accento su costruzioni dominate dal caso: come se la grande forma del mondo, la potenza degli eventi passati si potessero generare da forze cinetiche nascoste sotto la pelle del mare, nelle rughe della terra, le stesse forze racchiuse nelle masse in equilibrio.

Gavina non ha dimenticato: il suo vedere è un abitare trans-temporale, l'appartenenza ad un orizzonte instabile, ma coerente, laddove l'analisi etimologica di coerenza consente lo slittamento del termine dalla valenza etica ad un'accezione specificamente formale. Cohaerere, essere unito, formare un tutto connesso. Questo induce, come possibilità, la rinascita, l'evento tutto femminile del generare prima e del crescere poi. Ci insegna quanto possa essere rigorosa un'idea archetipica della realtà, quanto efficacemente  possa organizzarsi in struttura, in moduli iteranti: un prima ed un poi, con modalità costruttive che nulla tolgono a quell'insperato accendersi dell'aria, a quella gioia meravigliosa.

Il corpo della materia - ricombinazione fisica degli elementi, fenomeno intelligibile - è il corpo della visione: nelle sue vene, nell'occhio che contempla, corre una visionaria geomanzia del quotidiano, un'epica purezza. Il mondo era così recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito, racconta Garcia Marquez. Anche Gavina Rossi narra di un mondo ancora incontaminato, un mondo ancora divino, salvato dall'orma di presenze sacre. Il suo perdersi nel minimo di un fazzoletto di spiaggia, così felicemente spaesata da soppiantare ogni misura che non appartenga all'attimo (o all'eternamente presente), consente alle immagini il miracolo di una restituzione, che è misura massima dell'esistente, facoltà umana primaria. Così Gavina dà un nome alle cose, incorniciandole con lo sguardo, specchiandovisi, per poi scoprire le coordinate. Le indica col dito e, così operando, le riconnota. La visione è bella e forte di senso: logica, ma per accidente; ritmata. Nel profondo, reale. 

Le forme delle cose possono essere percepite indipendentemente da ogni significato, ma la forma del tempo - che è quanto l'artista ci offre - è data dagli intervalli fra gli eventi. Ne osserviamo mutamento e permanenza: l'oggi dell'immagine è lo spazio vuoto nel trascorrere, talvolta il punto di rottura, l'infraferro ai poli di una campo magnetico rotante. La fotografia lo intrappola e ce lo restituisce nella categoria delle cose importanti, di lunga durata. 

Ci si può scordare di quanta sostanza esista nel giorno, nel gesto abitale, nell'involontaria reazione. E' una sostanza, ci dice Gavina, che viene dalle radici,  che attraversa i tempi e non muta in noi. Si fa scheletro, numero e storia. E' l'anima del mondo. 

Francesca Brandes

 

Come

Inaugurazione Sabato 13 Marzo 2004, ore 18.00

orario di galleria: 16,30 - 19,30  giovedì, venerdì, sabato.

Sede dell'Associazione, Galleria d'Arte e Archivio: 

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