LIBRERIA BOCCA

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Spazio Bocca in Galleria
MILANO


GIOVANNA STRADA


L’opera e il luogo,

dove sono protagonisti andamenti orizzontali e verticali della figura - dinamiche elementari del comporre un’immagine -, un modulo che, se iterato, determina la frammentazione in segmenti di una linea continua o di un campo - e questo se vogliamo è aspetto più complesso, storicamente acquisito ma non immediato -, l’effetto di ritmo che la composizione suggerisce - il riferimento musicale è più stringente di quanto non possa essere una semplice analogia -, anche la sua ampiezza fisica rispetto allo sguardo da un punto di stazione fisso, come al movimento che l’osservatore deve fisicamente realizzare per “prendere possesso” dell’oggetto…

Anche nel ciclo più recente di lavoro di Giovanna Strada, infatti, emerge perentoria la vocazione ambientale delle opere, capace cioè di impegnare l’ingombro effettivamente occupato e la fisionomia che la figura assume rispetto allo spazio circostante: uno sguardo alla logica costruttiva dell’opera ma anche al suo essere volume nello spazio, dove il “vuoto” della parete diventa assolutamente significativo rispetto al “pieno” dell’oggetto…

Si tratta in effetti di una costante nell’operare, coerentemente attento a cogliere una figura, se vogliamo un pieno, definibile solo in relazione con un vuoto, sia quello del bianco del fondo della tela o del muro non importa che nelle ultime opere raggiunge una efficace essenzialità, frutto non tanto di una semplificazione - strada possibile ma di ridotto spessore - quanto di un voler concentrare l’attenzione, senza disturbi o elementi accessori, sul senso nevralgico del fare.

Il linguaggio adottato in un complesso ciclo di lavori vari per esiti ma sostanzialmente legati alla medesima logica operativa, è quello dell’identificazione di un modulo regolare di partenza diversamente replicato che presenta, in modo esclusivo, dal punto di vista cromatico l’opposizione elementare del bianco/nero: se vogliamo la riduzione del principio costruttivo alle sue figure di base: potrebbe apparire una “scelta” che mortifica l’espressività dell’artista ma la sfida è quella di raggiungerla anche attraverso strumenti apparentemente impersonali, come impersonale può essere interpretato un singolo suono, ma che diventa personale nella sua interazione con gli altri

È indubbio che il modo di procedere di Strada, dal progetto alla realizzazione dell’opera, appartenga alla storia della ricerca artistica che prende le mosse dalle Avanguardie storiche del secolo scorso dalle soglie inaugurali al rinnovamento operato dalla ricerca inoggettiva a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta; che parlare, appunto, di “moduli”, della loro iterazione, traslazione e rotazione fino a comporre una figura complessiva, sia un patrimonio acquisito, nell’ambito della ricerca artistica come del design; altrettanto vero che il modo diverso con cui queste ricerche si paragonano oggi con le altre, concorrenti, diverse o antitetiche non importa, ne determinano una “diversa” lettura”. E sembra altrettanto evidente come qualsiasi linguaggio abbia, oggi più di ieri, una storia da cui prendere le mosse e con cui paragonarsi: il problema è eventualmente quello di averne coscienza, la consapevolezza di un passato perché il ”nuovo” possa presentarsi maturo e non sfrontatamente o ingenuamente ammantato dall’alone dell’eccentrico o del sorprendente, a mio avviso criteri scarsamente convincenti. Diversamente la consapevolezza di ciò che si è ricercato permette a Strada un’ulteriore incursione sul tema: credo sia un dato importante da registrare.

Estratto dal catalogo della mostra
         L’opera e il luogo

Alberto Veca
         Milano, marzo 2006


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