Gli artisti:Franco Angeloni, Robert Atzori, Piero Bergomi, Gianni Bertini, Maurizio Biondi, Eros Bonamini, Francesco Burni, C. Caputo di Roccanova, Grazia Caracciolo, Sergio Dangelo, Francesco De Molfetta, Claudio Destito, Sergio Dotti, Claudio Filippini, Gasp !, Bruno Gentile, Andrea Lanzi, Giorgio Laveri, Adolfo Lugli, Roberto Malquori, Maurizio Marini, Vincenzo Marsiglia, Carlo Mantovani, Giosuè Marongiu, Max Bi, Fabio BIX, Aldo Mondino, Pino Pascali, Carlo Pasini, Mario Patrini, Matteo Peretti, Gianni Piacentino, Tom Porta, Mimmo Rotella, Sarenco, Mario Schifano, Damiano Spelta, Tino Stefanoni, Marco Sudati, Angelo Valli.
Sarà per me un onore, ed un piacere, accoglierVi nelle sale della mia Galleria a Brescia, in Corsia del Gambero 12/13, Sabato 10 maggio dalle ore 16.30, in occasione dell’esclusivo vernissage della mostra “Automobile-Autonobile”: una grande esposizione, direi un sogno che s’avvera, da tempo progettato insieme a mia figlia Antonella, raccogliendo e scegliendo con cura opere che, in molti casi, ho personalmente chiesto agli artisti di realizzare.
Fra le sale e le pareti della mia Galleria fremono ora, come i motori di scattanti macchine tese nella competizione, oltre cinquanta opere che, dagli anni Sessanta ad oggi, raccontano il mito dell’automobile attraverso un altro mito, quello dell’arte contemporanea.
Un evento che non potevo non inaugurare in concomitanza con lo START della MILLE MIGLIA, famosissimo avvenimento automobilistico che proprio nella città di Brescia, dove si trova la mia Galleria, nasce, parte e si conclude da più di cento anni.
Arte e motori: una liaison affascinante di due creazioni che l’uomo ha inscritte nel proprio DNA, fin dall’origine dei tempi, entrambe nate dal desiderio di comunicare, dalla passione per le sfide, dalla ricerca delle forme e dei materiali, dal fascino per il progresso, la trasformazione, la modernità.
Daniele Colossi
Automobile-Autonobile
di Ilaria Bignotti1909. Uno scenario apocalittico, denso di metalliche premonizioni. Dopo una folle corsa di tre potenti automobili, ed un’illuminante caduta in un fossato, dovuta al passaggio di due noiosi e indolenti ciclisti, nasceva il Futurismo.
Così racconta Filippo Tommaso Marinetti, Ulisse moderno che s’arrischiò ben più d’una volta in “folli voli” meccanici.
Si era, appunto, ai primi passi del Novecento, quando l’Estetica tradiva il Canone e fuggiva alle auree proporzioni, trovando dietro l’angolo il Progresso e la Tecnologia, la Velocità, la Macchina: altri mezzi per comunicare e muoversi, nuove forme, partorite da gangli metallici, cresciute su asfalti bollenti, educate al ritmo dell’industria e della produzione.
Fu l’automobile il fil rouge di questa storia dell’arte contemporanea, il simbolo di quel costante, irrisolto confronto dell’arte con la tecnica, unite in un rapporto di dissidio e alleanza insieme, idolo moderno di nuova, terribile Bellezza: “…la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo…un’automobile ruggente è più bella della Vittoria di Samotracia…”.Automobile – Autonobile: basta il cambio di una sola consonante, per richiamare alla mente “questa” storia dell’arte, raccontata attraverso oltre le cinquanta opere che faranno parte della mostra nella Galleria Colossi Arte Contemporanea, la cui inaugurazione non poteva non essere in concomitanza con lo START della MILLEMIGLIA, altro evento storico dove il fascino della macchina, delle forme e dei motori, viene esaltato dal mito del viaggio e dall’adrenalina di una competizione storica, oramai leggendaria.
Più di trenta artisti di fama internazionale, appartenenti a quattro generazioni, dagli anni Cinquanta ad oggi, chiamati a creare opere che riflettano, raccontino, esaltino e si confrontino con il “nobile”, intrigante, complesso tema dell’automobile, per una mostra che vuole essere solo l’inizio, la partenza appunto, di un viaggio avventuroso e ricco di imprevisti, di curve nell’arte ed impennate nella ricerca e nella tecnica espressive.
Mezzo secolo in cui l’automobile è diventata simbolo e spesso motore di radicali trasformazioni economiche, sociali e culturali: basti pensare ai legami fra arte e design, arte e industria, di cui l’automobile è stata uno dei prodotti più significativi, ma anche strumento di riflessione sul problema della produzione seriale; e, prima ancora, al ruolo giocato dai miti della modernità, dalla macchina genericamente intesa all’automobile vera e propria, nel diluvio sperimentale delle avanguardie storiche.
E poi, gli anni Sessanta, quando l’arte gioca con la tecnologia e con i nuovi mass-media, e sceglie l’automobile quale simbolo-feticcio, icona e logo ricorrente per l’analisi delle trasformazioni in atto: dal mito quotidiano e “possibile” dell’utilitaria, segno fino ad oggi del costume che cambia, al mito inarrivabile della Ferrari, l’auto simbolo per eccellenza di una creatività italiana che, in pochi decenni, ha saputo dar luce anche all’aerodinamica morbidezza della Vespa ed alla forma benevola della linea 500.
È proprio a partire da questo snodo cronologico degli anni Sessanta che s’avvia la mostra, presentata non a caso attraverso un’ideale mappa stradale dove il leit motiv dell’automobile si dipana in svariate vie espressive tuttavia riconducibili a tre grandi “arterie stradali”: quella che conduce all’astrazione, quella che s’addentra nel linguaggio, quella che svolta nella figurazione.
Sono, poi, le distinte esigenze espressive di ogni singolo artista ad arricchire e connotare questi tre grandi percorsi creativi.
Un artista che si sente ultimo, possibile tramite fra natura e tecnica, arte e industria: questa la scelta assoluta, la provocazione ludica e insieme guerrigliera di Gianni Piacentino, storico rappresentante dell’Arte Povera, con la cui opera, nata attraverso l’assemblaggio di automobili impossibili, di nuove forme metalliche, dona al mondo il riscatto dell’atto creativo sulla macchina.
Prevale, in mostra, la scelta della figurazione a prevalere: innanzitutto per una questione cronologica, avviandosi l’esposizione in quegli anni Sessanta dove la Pop Art seppe superare l’impasse dell’Informale ed immergersi, così, nel mondo; o meglio, ritornarvi.
Questo raccontano oggi le opere storiche di Mimmo Rotella e Mario Schifano, entrambi grandi viaggiatori, da Roma agli Stati Uniti, e diversamente rappresentanti di uno sguardo vigile sul panorama di miti e riti dell’epoca: fra questi, appunto, l’automobile.
Scelse la velocità e la sfida, il “Selvaggio” trasteverino Pino Pascali, nella vita sempre su quella fatale motocicletta, nell’arte appassionato cantore di avventure di celluloide nel teatro quotidiano del Carosello: bellimbusti al volante e gangsters su auto anni Trenta, spesso la reclame viaggiava su quattro ruote.
Nelle “Iconosfere” di Roberto Malquori e nella mec-art di Gianni Bertini, entrambi rappresentanti della Pop Art toscana, l’automobile ritorna ossessiva, si staglia o ripete, ora nello star system frammentato di Malquori, “norvegese per adozione”, ora nei grovigli meccanici e nei “rotori” di Bertini, “francese, anzi parigino, per scelta”.
Allievi spirituali sono, proseguendo cronologicamente, alcuni interessanti artisti proposti in mostra: da Tom Porta a Robert Atzori, da Max Bi ad Andrea Lanzi passando per i provocanti assemblages di Damiano Spelta, capaci di rinnovare, con forme e materiali disparati, il rapporto fra arte e automobile.
Una figurazione che si dipana in tocchi cromatici sapientemente dosati, nell’ “Arrivo a Verona di Giorgio de Chirico” dell’eclettico Aldo Mondino; altrettanto eclettico, con “Opel-a d’arte” e “Re-stauro” giochi, o meglio corto-circuiti linguistici di elegante ironia, è Francesco De Molfetta: giovane, quanto spericolato automobilista dell’arte, da oramai dieci anni alla guida di opere che hanno saputo proseguire nelle strade tracciate dalle “incoscienti” avanguardie.
Una figurazione che si rivela metafisica e densa di lirismo nell’opera di Tino Stefanoni, capace di raccontare, con il suo stile inconfondibile, un’atmosfera notturna e sospesa, attraversata solamente dal silenzioso incedere di un’automobile, diretta verso un “oltre” da ritrovare. I suoi fari illuminano morbidamente l’opera di Maurizio Biondi, altrettanto sospesa al bivio fra la figura e l’astrazione sofferta.
Gioca con il tempo, con il materiale come simbolo e come linguaggio, Adolfo Lugli, artista modenese da sempre affascinato dalla liaison fra arte e tecnica, capace di tradurla in opere che in sé racchiudono, passato e presente, memoria e tradizione, grazie all’uso attento dei materiali ed alla delicata sensibilità espressiva. D’altra parte, sulla via dell’astrazione, il dissidio del rapporto fra arte e tecnica si ripete nel contrasto fra l’identificazione dell’artista nell’automobile o la totale rinnegazione di questo riconoscimento, a favore invece di una rappresentazione astratta. È il caso di Sergio Dangelo, la cui opera nasce all’incrocio fra operazione concettuale e suggestioni neo-dadaiste, e del più giovane Claudio Destito. Il linguaggio del tempo, invece, fin dagli anni Settanta indagato e agito da Eros Bonamini, descrive velocità di astratti percorsi automobilistici nel perimetro dello spazio-opera; mentre Carlo Pasini impara dal maestro Mondino a giocare con i materiali, provando a riempire di un senso tutto personale il mitico marchio Ferrari, da sempre sinonimo di un “Made in Italy” vincente.
Forme e linguaggi, tutti, con i quali ciascun artista si mette in moto, cercando, sempre, di sfidare convenzioni, regole e divieti: ciò che nel mondo dell’automobile, della macchina in genere, non è concesso, nell’arte è sempre possibile. Anzi, fondamentale.
Ilaria Bignotti
Scuderia Ferrari Club è un’organizzazione senza fini di lucro,
voluta da Ferrari per promuovere e sostenere la passione
degli innumerevoli tifosi delle Rosse di Maranello, in Italia
e nel mondo.
Colossi Arte Contemporanea
di Daniele Colossi
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